Babel Fish
Senza fissa dimora
a cura di Mariolina Cosseddu
Gianfranco Setzu, Roberta Luche, Coquelicot Mafille, Pietruccia Bassu, Carlo Spiga, Giusy Calia
Senza fissa dimora è una formula agile e leggera per indicare il senso instabile e fluido dell’abitabilità contemporanea. Nessuna residenza è certa perché nessun ambiente rimane lo stesso a lungo: i confini si perdono e si dilatano nel divenire inarrestabile del tutto. Il nomadismo del corpo alla ricerca del luogo ideale è anche nomadismo della mente in viaggio verso luoghi desiderabili. La città è fulcro di questo groviglio di risorse affettive e relazionali: gli artisti invitati hanno proposto edifici come sistemi emozionali o come impalcature mitiche e incantate.
Nelle immagini di mani che si toccano e si sovrappongono di Coquelicot Mafille c’è l’offerta di infinite possibilità di relazione nel caos del contesto urbano. Le mani acquistano dimensioni sovrareali e, affisse sui muri, diventano vasti territori percorribili, mappe gigantesche di ideali tracciati urbani. Perciò affida al proprio lavoro la scaramantica pretesa di allontanare la paura della solitudine e dell’assenza e lo fa anche attraverso la propria segreteria telefonica dove vengono registrati i messaggi di voci amiche che, al momento buono, possono essere riascoltate quanto si vuole fino a riempire malinconiche serate domestiche. Nella casa natale si può rappresentare un intimo rito familiare, come fa Petruccia Bassu che costruisce una sorta di spazio sacrale con indumenti appartenenti alla nonna. Si tratta di un intervento che mette in scena radicate memorie personali e indaga le ragioni più profonde e inconscie della propria individualità, come nel video in cui una giovane donna spalma con amorevole cura un unguento medicamentoso su una pezza di lana a lenire ferite non sempre visibili. Così la casa, la città, la memoria e la corporeità sono bisognosi di cure a attenzioni per non cedere all’usura del tempo che, come un tarlo, corrode lentamente ricordi e relazioni.
Per Roberta Luche il mondo abitabile prende la forma di un labirinto che, nella mitica rappresentazione della città-madre, si fa simbolo del luogo dei luoghi. Nei tortuosi percorsi dal centro alla periferia, dalle profondità degli inferi alla luce solare, è insito il senso più arcaico e primigenio dell’origine della vita. Non è un caso che Roberta Luche quel labirinto lo realizzi con il pane, simbolo per eccellenza della fertilità e del ciclo vitale e lo adagi su una coperta di lana ad accentuare la sacralità della tradizione passata e presente.
L’inquietudine della realtà urbana si concretizza per Giusy Calia nei luoghi di pena e di dolore come i manicomi abbandonati che, simili a gigantesche imbarcazioni dopo un naufragio, galleggiano nel vuoto delle vite perse. Con l’obbiettivo fotografico Giusy Calia ha voluto esplorare un universo rovesciato dove gli oggetti dimenticati e non rimossi parlano ancora di esistenze consumate nella paura e nella follia. Luoghi spettrali in cui echeggiano voci sommesse che narrano storie che si vorrebbe non ascoltare e che la luce e il colore trasfigurano nella magica visione di una architettura sommersa.
L’architettura come archivio inesauribile di narrazioni è punto di partenza anche per Gianfranco Setzu che individua nella tipologia del mecenate il vero artefice della città. È il caso di Cesare Augusto il cui ritratto, fiero e virile, campeggia su sfondo scuro così come oscura e raffinata è l’atmosfera che lo accoglie, ad accentuare le trame ambigue e volitive del potere dominante. La musica che accompagna l’installazione è invece discordante e contemporanea, una musica da club urbano che rimanda volgarmente ai palazzinari odierni, a quelli che hanno trasformato le città in deliranti centri commerciali. Infine Carlo Spiga si aggira per le vie cittadine (Sound Lines) con un quaderno di appunti dove registra, nei piccoli fogli colorati, una serie di sensazioni regolate dai ritmi sonori che il contesto urbano trasmette. Suoni, rumori, percezioni visive e olfattive creano situazioni inedite e inusuali secondo una struttura ritmica che ridisegna l’ambiente circostante.
Mariolina Cosseddu |