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07. Il suono dell'ombra |
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Il suono dell’ombra Il Festival Time in Jazz negli scatti di Pino Ninfa
Quella di Pino Ninfa può definirsi, a tutti gli effetti, una “poetica dell’ombra”. Ombre lunghe sugli spartiti, ombre di musicisti e ombre di strumenti, ombre che evocano e che suonano: note di tango, note di jazz, note di vita vissuta oltre le luci del palcoscenico. Saranno le sue origini catanesi, sarà il ricordo di quella città in bianco e nero, barocca e metafisica al contempo, con i suoi funerei intonaci lavici e i candidi bugnati, sarà la luce abbacinante e le ombre profonde che non consentono mediazioni di un Sud mai dimenticato nonostante una vita professionale esperita in una Milano brumosa, sarà tutto questo o, sicuramente, sarà molto altro ancora a fare di Pino Ninfa uno dei fotografi più acclamati e ricercati nei luoghi della musica, in Italia e all’estero. Spesso ospite di Time in Jazz, quest’anno il festival ospiterà una selezione dei suoi scatti realizzati negli ultimi anni a Berchidda e in diverse altre location nelle quali si sono articolate le manifestazioni della rassegna, proseguendo, peraltro, una ricerca che negli ultimi anni, l’ha portato a intraprendere progetti multimediali con musica e fotografia insieme ai più importanti musicisti nel campo del jazz. Del resto, la rinuncia ai primissimi piani, alle fronti imperlate di sudore, alle smorfie ora ispirate ora grottesche dei musicisti, ai bagliori corruschi degli ottoni che caratterizzano la maggior parte degli scatti dei “professionisti del jazz”, mediante uno slittamento che lo porta a trascurare, almeno apparentemente, il “soggetto” per privilegiare, viceversa, il “contesto”, l’“aura” irripetibile di un evento live e le vibrazioni polisensoriali che lo caratterizzano, è perfettamente in linea con quella multimedialità anzidetta e che solo una potente propensione registica può consentire. Dunque ombre che raccontano storie, vuoti e silenti palcoscenici che attendono attori, suoni e rumori, scorci di meriggi mediterranei sospesi e riarsi di montaliana memoria, animati solo da «schiocchi di merli» e da «frusci di serpi», e ancora ombre, ora immobili ora danzanti, tra un sole che abbaglia o l’abbaglio di un faro di scena, oltre la fotografia, verso la poesia.
Ivo Serafino Fenu |
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