“Vespri della Beata Vergine” Oleg Kulik
L’installazione č stata presentata in Italia durante la Biennale di Venezia presso la Scuola Grande di San Rocco, e ha ricreato la produzione teatrale dei Vespri della Beata Vergine di Claudio Monteverdi, svoltasi nel gennaio del 2009, presso il Théâtre du Châtelet di Parigi. Il film č stato girato in questa occasione. L’artista russo ha curato l’impianto visivo del complesso lavoro, la produzione e la direzione sono stati di Denis Kruchkov e il sound design č stato curato da Hermes Zygott. La rivisitazione del capolavoro monteverdiano a Venezia dopo la produzione parigina era motivato anche dal fatto che l’opera sacra venne pubblicata a Venezia per la prima volta nel 1610, tre anni dopo lo stesso Monteverdi divenne maestro di cappella della Basilica di San Marco. L’installazione di Kulik č una gesamkunstwerke tecnologica in cui il pubblico č chiamato a partecipare attivamente. Tutti i sensi vengono coinvolti perché il teatro diventa un gigantesco schermo in cui le immagini si mescolano con effluvi e profumi vaporizzati. I cantanti vestiti come dei monaci cantano in mezzo al pubblico e appaiono e scompaiono con accorti giochi di luce. Tutto č visionario, come sempre nel lavoro di Oleg Kulik, e la tecnologia, le proiezioni laser o quelle dello stesso spettacolo in diretta concorrono a creare un vento unico in cui i ruoli vengono annullati e tutti diventano parte dell’opera d’arte totale voluta dall’artista. Musicalmente la commistione č assoluta: accanto all’ensemble di musica barocca suonano strumenti tibetani, Oriente e Occidente sono riuniti in questa versione dei celebri “Vespri”. L’originario valore religioso scompare, inutile dirlo, completamente, si affermano valori universali che fanno a meno di credenze e ideologie, di religioni e di divisioni. «Lo spettacolo č un rito religioso, ma anticattolico», ha dichiarato Oleg Kulik. «Niente a che vedere con le vecchie liturgie: in questo teatro sta nascendo una nuova religione che, invece di dividere come oggi le religioni, unirŕ tutti gli uomini». Valerio Dehň |