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06. The Order - d'apres Cremaster 3
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06. The Order - d'apres Cremaster 3  


The Order - d'apres Cremaster 3

Matthew Barney

Di visionaria genialità e di gigantesca immaginazione creativa è fatto il lavoro di Mattew Barney, l’artista americano tra i più significativi della generazione a cavallo tra i due millenni.
Autore, regista, interprete di una saga che scompagina il concetto stesso di cinema e di video-art, Mattew Barney ha affidato al complesso ed enigmatico lavoro di “The Cremaster Cycle” la funzione di raccontare se stesso, l’America, la società contemporanea, la storia di una umanità in perenne conflitto e in inarrestabile metamorfosi. Dal nome di un piccolo muscolo involontario presente nell’anatomia maschile e, in misura ridotta, anche in quella femminile, cremaster rappresenterebbe la chiave della sessualità stessa, dunque un minuscolo legamento responsabile dell’identità sessuale che Barney sembra spingere verso l’ermafroditismo come condizione di assoluto equilibrio. Da questo punto di vista, l’argomento strutturale dell’operazione filmica apparirebbe la gestazione e la nascita di un essere umano in bilico tra ascesa e discesa (come nel muscolo testicolare che determina la natura sessuale degli individui), tra maschile e femminile, tra individualismo e socialità.

Senza ansie e senza emozioni, l’epopea di “Cremaster” si articola in cinque episodi filmici organizzati secondo un ordine apparentemente eccentrico rispetto alla data di produzione: 4-1-5-2-3, usciti, rispettivamente, nel 1994, 1995, 1997, 1999 e 2002. Il ciclo ruota, dunque, attorno alla centralità del numero cinque, affiancato da coppie simmetriche la cui somma dà sempre cinque rimandando, così, alla pentapartizione della tragedia aristotelica.
Costato quasi dieci anni di elaborazione e cifre stratosferiche, esposto nei più prestigiosi musei del mondo, “Cremaster” è frutto di una volontà enciclopedica e prodigiosamente metaforica dove è impossibile cercare un legame certo e univoco nei sequel del sistema-Barney. Piuttosto se ne possono sottolineare la tendenza all’assurdo, l’ostentata eterogeneità stilistica, la ricerca di opposte pulsioni destinate a mantenere sempre elevata l’ambiguità visiva e semantica. Ne discende la consapevolezza, anche da parte del destinatario, di un surplus di senso impossibile da disciplinare, il paradosso di un organismo traboccante di infiniti significati che fa precipitare nel nulla chi guarda e chi vive nella finzione filmica.
Ambientata in scenari differenti che vanno dalla città di Boise, nell’Idaho, dove l’autore ha trascorso l’infanzia, all’isola di Man, a Budapest fino al Chrysler Building di New York, la sfrenata magia compositiva di Barney si dispiega in un continuo artificio tra fantascienza e realtà onirica, tra mostruosità in transito e poetici eroismi.
Fulcro centrale dell’epica narrativa, “Cremaster 3”, luogo simbolico dove Barney “precipita la sua storia personale e la fa combaciare con la storia americana” (Massimiliano Gioni). Fa da sfondo la New York degli anni Trenta popolata da grattacieli e arrivisti, operai e architetti, logge massoniche e sindacalisti in ascesa: tutti sul precipizio della Grande Depressione. Tra le geometrie art deco del Chrysler Building e l’architettura spiraliforme di Wright si assiste all’arrampicata sociale del protagonista nelle vesti dello stesso Barney che combatte fisicamente contro gli spazi allusivi alla scalata dalle bassezze della vita materiale alle sfere della pura spiritualità.
Claustrofobico, narcisista, dialetticamente complesso e oscuro, il lavoro di Barney sfianca solo chi si lascia intrappolare nelle spire di una logica baroccheggiante che richiede, al contrario, lucida e lenta attività contemplativa.