Offrimi il cuore
Nero Project | Antonello Fresu
a cura di Giannella Demuro
Offrimi il cuore è un progetto multimediale di Antonello Fresu, artista che si firma come Nero Project, in cui convivono arte visiva, musica, video e performance. Pur avendo sviluppato un percorso di ricerca fortemente connotato, autonomo e coerente, riconducibile al recente scenario visivo contemporaneo, Nero Project percepisce il proprio fare artistico come processo collettivo. Non è raro, pertanto, nel suo lavoro, imbattersi, come in questo caso, in un’opera corale dominata da una pluralità di voci e di presenze. Ciò nonostante l’opera non appare come una disomogenea combinazione di portati e di estetiche, ma possiede una solida coerenza progettuale e stilistica, che deriva da un nucleo creativo individualmente strutturato attorno al quale si fondono armonicamente gli apporti esterni, non privi, a loro volta, di riconoscibilità e autonomia.
Fil rouge del progetto è il cuore, centro nascosto dell’essere, nucleo pulsante e strumento primordiale che scandisce il ritmo dell’esistenza, luogo della vita e della morte, ma anche simbolo arcaico dell’anima, perenne e universale essenza metafisica che dimora nell’individuo, interlocutore irrinunciabile nell’incontro con se stessi. Partendo da questa idea, l’artista conduce una riflessione profonda sul senso e sulle modalità dell’esistere, che lo porta a scardinare le consuetudini di una prospettiva logora e ad ipotizzare nuove coordinate di consapevolezza che permettano di elaborare un’inversione dell'attenzione della coscienza, normalmente rivolta verso l’esterno e verso gli altri, riconducendola verso l’interno, cioè, verso la parte più profonda di sé, quella da cui i meccanismi abituali del vivere spesso distolgono. Ovviamente, questa prospettiva dissonante non limita il raggiungimento della percezione dell’altro, ma, anzi, lo agevola, lo consente in modo più consapevole e maturo, attraverso il recupero del contatto con il proprio io, con il proprio cuore e la sua voce, con quel qualcosa che per ognuno è talmente “intimo” e profondo che, in maniera immediata, rimanda al legame con la vita e con la morte, con la finitezza e l’assoluto. Questo legame con il mondo interiore, naturale ma irrazionale, oggi risulta spesso spezzato, perduto in un hic et nunc che costringe il singolo e la collettività dentro le rigide gabbie del contingente. All’artista che coglie, dunque, lo sradicamento e l’insicurezza che accompagnano il presente e legge oltre il visibile dell'ordinaria quotidianità, spetta il compito di riannodare le trame smarrite, di individuare i flussi sopiti, le correnti sotterranee che ciascuno variamente accoglie dentro di sé.
Note di uno spettatore
di Marco Senaldi
Arte
Il problema del cuore è essenzialmente il suo rapporto con
l’arte. Si danza con braccia e gambe, si suona col fiato o con le dita, si dipinge con le mani, ma si può fare arte con tutto il corpo, o con molti corpi, e per scrivere basta la mente e un organo qualsiasi, controllabile dalla volontà, come ad esempio una palpebra (quella che permette al protagonista del film Lo scafandro e la farfalla di Schnabel di redigere le sue memorie). Si
tratta pur sempre di organi di cui possiamo disporre a volontà, pertanto iscrivibili entro una intenzionalità espressiva. Ma del cuore non ce ne facciamo niente, proprio perché non è soggetto alla nostra volontà – ed è dunque, da un punto di vista artistico, inutilizzabile. Eppure il cuore detiene il segreto più profondo della nostra identità: noi siamo il nostro cuore, lui è il nostro centro, segreto e inascoltato. Con lo storico emergere della body art, negli anni ’70 del Novecento, l’arte ha integrato il corpo nel proprio linguaggio espressivo, ma è interessante riflettere sui modi con cui lo ha fatto. In effetti, anche se in apparenza sembrerebbe imparentata con le arti coreutiche, quali danza e mimo, la bodyart è una variante della scultura. La bodyart non impiega il corpo per le sue funzioni espressivo-mimetiche, ma come fenomeno proprio e peculiare, in grado di agire nello spazio (si pensi a Bruce Nauman) o soprattutto di subire (di essere ferito, colpito, agito da qualcun altro; si pensi alla Abramovic, a Acconci o a Chris Burden). Ma nemmeno la bodyart ha veramente esplorato le potenzialità sonore del corpo – cosa che solo gli artisti coinvolti nell’universo musicale, da Cage a Chiari, a esponenti della poesia sonora, come Arrigo Lora Totino, hanno saputo fare. Nel lavoro di questi artisti il corpo è impiegato non solo come un tramite per agire su uno strumento musicale, ma come uno strumento musicale esso stesso – anche se raramente si è arrivati a usare i suoni interni del corpo. Ascoltarsi dentro – dev’essere questo il segreto che ha stregato i musicisti coinvolti nell’operazione di Offrimi il cuore, i quali, pur secondo modalità ogni volta diverse, mettono in scena una forma di arte del corpo paradossalmente né attiva né passiva, ma, si direbbe, “estatica” nel senso etimologico di ek-stasis, uscita da sé. Uscire da sé per farvi ritorno.