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V/ideo/azioni


Francesco Casu, Erik Chevalier, Giovanni Coda, Mario Pischedda, Elisabetta Saiu, Giulia Sale, Massimo Sanna, Danilo Sini


Risulta particolarmente interessante parlare di videoarte in occasione del 18° compleanno del festival, perché, anche se ha ormai superato la soglia dei quarant’anni, questo affascinante mix di arte e tecnologia continua ad essere considerata un’espressione artistica giovane, in costante e velocissima evoluzione, ancora alla ricerca di nuovi confini.

 Francesco Casu, Notturni urbani, 2002

Con l’avvento del televisore l’immagine elettronica è entrata prepotentemente nelle case, violando la privacy del focolare, rivoluzionando la sensibilità quotidiana. Sin dai primi attimi di vita, lo schermo è stato visto da artisti lungimiranti come Fontana, come nuova frontiera da esplorare, continente vergine da coltivare con i fertili semi dell’arte. Eppure la videoarte arriva in Italia relativamente tardi: solo negli anni ’70 si inizia ad averne un’idea concreta.

 

Il video diventa strumento attraverso il quale l’artista, sperimentatore per eccellenza, si pone domande, analizza la realtà quotidiana, preannuncia nuove ere e anticipa valori futuri.

 

L’immagine in movimento, infatti, è la forma di espressione che meglio riesce a cogliere la contemporaneità, ovvero percepisce a pieno il mutamento Elisabetta Saiu, Tarylf, 2005sostanziale nella concezione di successione temporale. Nel video il reale sfuma e fluttua con l’irreale dentro il corpo dell’immaginario movendosi tra visibile e invisibile. La video arte si insinua nel tempo contemporaneo lacerandolo, creando bolle che non possono scoppiare, che non vengono colmate se non da domande costanti. La tecnologia ci mette davanti alla natura immateriale dell’immagine: la rappresentazione elettronica non ha bisogno del reale per rappresentare la realtà. Il video somma così due approcci opposti all’opera d’arte: uno di pura manualità, di saper fare, e l’altro del puro immaginario, dell’aereo che attinge dai più profondi serbatoi dell’immaginario umano. La cultura elettronica offre strumenti raffinatissimi per la produzione di immaginiGiovanni Coda, It won't stop, 2005 figlie dei dubbi e dei sogni dell’umanità al punto da non vedere più la tecnologia come supporto per nuovi effetti ma come autonoma portatrice di valori nuovi. Il video, infatti, ha la possibilità di infrangere i tradizionali concetti di scena, spazio, tempo, narrazione sovrapponendo diversi livelli spazio temporali. La dimensione della videoarte è fuori dalla dimensione temporale, polverizza quelli che sono i nostri vincoli, i nostri confini, ha infranto sin dai suoi esordi quelli che si sarebbero rivelati i limiti dell’era moderna: lo spazio, di cui siamo sempre più privati, e soprattutto il tempo, bene di cui siamo sempre più avidi e unico a non poter essere comprato. È sicuramente questo uno dei motivi principali del suo indubbio fascino.

 

Giulia Sale, Morte per acqua, 2003Ma come si integra tutto questo con una realtà isolana, dove concetti come quelli di spazio e tempo sembrano essere sottoposti a regole autonome, a nuove chiavi di lettura? Come si rapporta un territorio vincolato da innegabili limiti fisici ad un mezzo artistico che non conosce vincoli? Non poteva che essere amore, la videoarte non poteva non incarnare il mito isolano del viaggiare restando fermi, del non abbandonare l’isola pur sfondando i confini geografici delle volte claustrofobicamente stretti.

 

Com’è facile immaginare, se in Italia la videoarte è arrivata in ritardo rispetto al resto del mondo, in Sardegna, un po’ per limiti geografico-culturali e un po’ innegabili esigenze economiche, la videoarte si è sviluppata con ulteriore ritardo e pochi sono gli artisti che ci si sono cimentati con interesse, costanza e seria ricerca. Per questo un approccio con la realtà isolana è doveroso e innegabilmente interessante.

 

Mario Pischedda, Zen - gymnastique de l'esprit La produzione videoartistica manifesta un elemento estetico imprescindibile: la libertà, del mezzo e dell’autore. Caratteristica certo non da poco e che non poteva non affascinare la personalità eccentrica e indomita di chi, come Mario Pischedda, ha fatto della libertà un modus vivendi. Artista poliedrico e modernamente inquieto, ha trovato nel filmato una profonda libertà espressiva tuffandosi nella sua dimensione plurisensoriale.

 

Erik Chevalier, Psicosi delle 16:00, 2005Erik Chevalier usa il video per interagire e graffiare la realtà, cimentandosi con la contemporaneità in continuo stato dialettico. Per Giulia Sale il video è l’arrivo naturale di una pratica artistica dedicata all’uso del mezzo fotografico e usa entrambi per frugare nell’intimità, personale e altrui, in un gioco voyeristico che scuote lo spettatore. Danilo Sini, personalità complessa, camaleontica e irriverente, non poteva esimersi dal cimentarsi con il video per la sua forza e immediatezza,Danilo Sini, Human beings 2 umanità assente, 1996 per continuare a raccontare la perdita delle illusioni, il disagio esistenziale e portare avanti la sua poetica dell’ironica impossibilità.

 

Giovanni Coda ricorre al video per rivedere il contemporaneo con i suoi stessi mezzi, per cimentarsi con una realtà che guizza veloce, e che va inseguita il più delle volte verso confini che non desideriamo, per condannare scelte e situazioni che non possiamo condividere.

 

Realtà interessante della videoarte sarda è stato il SUIF (Solo Una Immensa Fragilità) gruppo guidato da una profonda libertà creativa nell’utilizzo del mezzo elettronico come portatore del profondo lirismo che sta oltre la materia. La scissione del gruppo ha permesso lo sviluppo di tre interessanti Massimo Sanna, Portable mantra, 2005personalità autonome: Massimo Sanna, Elisabetta Saiu e Francesco Casu.

 

Massimo Sanna, formatosi nel mondo della musica elettronica, utilizza il mezzo elettronico per rappresentare la ricerca di una interiorità che deve convivere con l’elettronizzata vita contemporanea.

 

Elisabetta Saiu ha un background più tradizionale venendo dalla pittura e dalla scenografia, le cui tracce si ritrovano evidenti nei suoi video, mezzi che utilizza per riflettere sulla situazione di abbrutimento e inconsapevolezza della società umana davanti agli eventi mondiali.

 

Francesco Casu, infine, guarda con attenzione alla possibilità del fare arte attraverso un processo che si rivela più mentale che concreto, con una evocazione di tipo poetico che attinge direttamente dall’immaginario onirico.

Sonia Borsato


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