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1. Il calendario
2. Il programma
3. Paolo Fresu: Del Segno, del Suono e della Parola.
4. La brochure
 
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3. Paolo Fresu: Del Segno, del Suono e della Parola.  

Del Segno, del Suono e della Parola
di Paolo Fresu

Era il 1994. Il tema era quello delle Voci. Nei quattro palcoscenici disposti a croce, un centinaio di artisti, tra musicisti, poeti e attori, tracciavano con lo spettacolo multimediale Narat Babbai la figura del sacerdote, poeta, letterato, oratore e linguista berchiddese Pietro Casu. Babbai Casu per noi del paese. Canonigu Pedru Casu per molti.

Forse un segno: il segno che Time in Jazz stava andando verso una nuova dimensione creativa. Segno della necessità sempre più impellente di legare la musica alle altre arti, e di trovare, o ritrovare, un legame forte con il territorio e con la nostra cultura. Con e attraverso la memoria.

Segno che ci ha condotto poi a sviluppare un altro segno: quello nitido dell’Arte visiva che oggi è parte integrante della nostra programmazione e che lo scorso anno, per la prima volta, ha portato opere contemporanee sul grande palcoscenico a dialogare con musica e musicisti.

Segno che la Parola, quella scritta e quella declamata, poteva diventare una parte importante del cammino musicale intrapreso da Time in Jazz nel lontano 1988.

Ecco il perché del titolo di quest’anno: "Del Segno, del Suono e della Parola". Sono passati sedici anni prima di concepire una manifestazione dove tutti questi elementi si riuniscono e convivono sullo stesso palcoscenico, nelle chiese di campagna, nei musei, nelle case, nelle strade o all’aperto. E sono passati ben sedici anni prima di poter provare a scrollarci di dosso quel senso di appartenenza o di sudditanza delle arti divise o scisse in stili e correnti, famiglie e caste.

Musica colta o arte povera, jazz freddo e caldo, foto a colori o in bianco e nero, concetto, ragione o istinto… musica, arti visive, letteratura, danza o poesia che sembrano non volersi incontrare volentieri in quanto rappresentanti di mondi artistici lontanissimi (?).

Nel 1993, giusto un anno prima, la sesta edizione del festival portava il titolo "Una parte dell’Europa di oggi". Un tema difficile da svolgere, soprattutto in Sardegna…

Ognuna delle tre serate aveva un universo poetico da esplorare: quello di Henry Matisse, Antoni Gaudì ed Erik Satie. Scoprimmo allora, grazie anche ai contributi scritti di Salvatore Ravo, Pinuccio Sciola e Massimo Privitera, che questi tre artisti così grandi e diversi tra loro riuscivano, quasi cent’anni fa, a dialogare e a disquisire sulle arti più di oggi; e di certo sono loro, assieme a tanti altri musicisti, poeti, coreografi, pittori e registi, ad avere gettato le basi della progressiva rivoluzione storico-artistica del secolo appena trascorso. In fondo sono loro quindi che oggi ci invitano a rischiare percorrendo un cammino a ritroso che dovrebbe portarci per mano verso il futuro.

E a proposito di arte, di musica e poesia, l’eccentrico Erik Satie scriveva: "…Le musicien est peut-être le plus modeste des animaux, mais il en est le plus fier. C’est lui qui invente l’art sublime d’abîmer la poésie…"  ("…Il musicista è forse il più modesto degli animali, ma è anche il più fiero. E’ lui che escogita l’arte sublime di massacrare la poesia…"). E il compositore francese scriveva anche: "…Un esthète est un monsieur qui préfère les primeurs aux conserves".

Speriamo che anche stavolta Time in Jazz possa offrirci tante primizie e che, anche se il tema in questione non verrà magari svolto al meglio, l’edizione di quest’anno possa gettare le basi concrete per un nuovo e fiorente capitolo artistico.

Per le conserve e gli altri prodotti tipici ci affidiamo alle nostre industrie dolciarie, alle nostre cooperative e a tutto quel popolo dinamico che, durante questi cinque giorni di festival, farà di Berchidda un luogo di festa dove vedere, ascoltare e sentire con il coinvolgimento di tutti i sensi. La parola del resto non manca: comunicazione e dialogo sono dal 1988 gli ingredienti di base ed i veri fautori del successo di Time in Jazz.

Paolo Fresu