Home page

 
  PAV > Progetto Arti Visive  
  PAV 2016  
  PAV 2015  
  PAV 2014  
  PAV 2013  
  PAV 2012  
  PAV 2011  
  PAV 2009  
 
24 Hours Lecture & Writing
aqua
Arte tra le note
Babelfish-We prefer diving
Broadcasting water
Fuori di palco
Il mare profuma le strade dell'isola
Io non respingo
Lavori in corso
Oltre il Blu
THE MIDDLE SEA
the sense of water
 
  PAV 2008  
  PAV 2007  
  PAV 2006  
  PAV 2005  
  PAV 2004  
  PAV 2003  
  PAV 2002  
  PAV 2001  
  PAV 2000  
  PAV 1999  
  PAV 1998  
  PAV 1997  
  Semida  
  Altri progetti  
 
 
 
 
   
Io non respingo  

 
Io non respingo

I flussi migratori che attraversano il Mare Mediterraneo attraverso gli occhi dei protagonisti nel ciclo di film e cortometraggi diretti da Riccardo Biadene, Andrea Segre e Dagmawi Yimar.

Quello dei rifugiati e immigrati è un mondo che rischia di rimanerci estraneo perché sempre più le nostre sensazioni e i nostri pensieri sono deliberatamente progettati e costruiti da altri, principalmente dalla politica e dai mass-media, dagli specialisti, dall’associazionismo di terzo settore, dalle Ong, mentre manca la costruzione di realtà e immaginari comuni insieme allo straniero rifugiato. Perché si condividano immaginari e realtà prima di tutto bisogna condividere degli spazi e dei tempi, bisogna costruire socialità all’interno di contesti di incontro e ascolto, educanti per tutti.
Spesso l’incontro con l’altro è un’incontro spaesante perché ci rende partecipi di storie, racconti, narrazioni, tracce e trame di vite individuali e collettive che poco hanno a che fare con la cronaca e molto con la Storia della nostra epoca e il destino di migliaia di persone. I rifugiati, come persone provenienti da altri paesi e continenti, sono testimoni del nostro tempo.In latino ci sono due parole per dire il testimone. La prima testis significa etimologica mente colui che si pone come terzo; la seconda, superstes, indica colui che ha vissuto qualcosa, ha attraversato fino alla fine un evento e può dunque renderne testimonianza. Ci appare evidente che dentro molte situazioni, le persone di cui parliamo non siano semplicemente dei terzi, ma dei superstiti: dalle guerre, le persecuzioni, i  quello appunto di contribuire all’esistenza di voci che ci facciano comprendere i contorni e le radici della condizione della migrazione e dell’esilio. Il laboratorio di videonarrazione che si è svolto tra la primavera-estate del 2007, era rivolto a un gruppo di rifugiati provenienti dall’Etiopia e dal Sudan ed è nato all’interno di una Scuola di italiano per rifugiati e richiedenti asilo.
La scuola di italiano è un’iniziativa in corso da alcuni anni fondata dall’Ass. Asinitas Onlus (centri di educazione e cura con i rifugiati, asinitas.org) per contestualizzare e lenire la memoria dei traumi subiti e dello spaesamento.A scuola, struttura aperta di formazione continua e quotidiana basata su lavoro volontario di un gruppo di educatori, si lavora per l’apprendimento della lingua italiana a partire dalle tracce e trame degli studenti stessi attraverso la tecnica del “testo libero” e i metodi dell’educazione attiva. A scuola i migranti vengono accolti in una comunità di cura della persona che enfatizza l’autonomia, la creatività, la comunicazione, la cooperazione, la capacità di rete di chi è in situazione di bisogno, il riannodarsi di rapporti significativi dopo (e all’interno) del trauma dello spaesamento, della precarietà e della emarginazione. All’interno della relazione di cura basata sulla reciprocità e la fiducia che si crea con l’allievo-testimone all’interno di un gruppo, l’oralità, il ricordo del trauma e la memoria di appartenenza del singolo, come pure l’espressione di desideri, speranze, progetti forniscono al gruppo la capacità di ritrovare le rispettive strutture di appartenenza, e al singolo la propria forma, e di contribuire così in modo attivo e in prima persona, con la propria testimonianza e partecipazione, al progetto di mantenimento della memoria interna della migrazione che rischia altrimenti di essere dispersa.

Riccardo Biadene
in collaborazione con l’associazione Asinitas e ZaLab