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inside/outside

 

a cura di Giannella Demuro e Ivo serafino Fenu


Blue Noses, Coniglio Viola, Arnold Dall'O, Armin Linke e Amedeo Martegani, Masbedo, Luca Lumaca, Giorgio Lupattelli, Marotta e Russo, Nero Project, Erwin Olaf, Pietro Sedda, Andres Serrano, Aldo Tilocca, Vedovamazzei, Zimmerfrei


Airplane Crash di Andrés Serrano è l’opera che meglio sintetizza e icasticamente rappresenta la mostra inside/outside – i ritmi del tempo. Evocare i ritmi del tempo tramite la loro assenza – attraverso un orologio appannato sul polso di un individuo morto in un disastro aereo –, è la perfetta metafora di una condizione umana che si pone, ambiguamente, dentro e fuori del tempo. L’ostentazione necrofila ed estetizzante di quel frammento di corpo carbonizzato e dell’inquietante attributo iconografico dell’orologio esalta e ostenta, insieme, il silenzio assordante della morte e la stretta correlazione tra ritmo e tempo, nonché la loro parziale e ambigua sovrapposizione semantica. Se non esiste ritmo senza tempo è altrettanto vero, infatti, che il tempo, privato del ritmo, diviene un’entità indefinita, un continuum coincidente col nulla, dunque, almeno in una prospettiva umana, è il ritmo che dà senso al tempo. In quest’ottica sono state selezionate le opere del già citato Serrano, di Orlan, di Vedovamazzei, dei Blue Noses, dei Masbedo, di Aldo Tilocca, di Pietro Sedda, dei Zimmerfrei, di Coniglio Viola, di Erwin Olaf, di Marotta e Russo, di Luca Lumaca, di Arnold Dell’O, di Giorgio Lupattelli, di Nero Project, di Armin Linke e di Amedeo Martegani. Al ritmo, o alla sua assenza, questi artisti hanno affidato la loro meditazione sul tempo e il compito di modificarne la sostanza, trasformarne la molto relativa oggettività in una dimensione estremamente interiorizzata e soggettiva. In Devon Rex Armin Linke e in Asini albini, dello stesso con Amedeo Martegani, il ritmo determina o enfatizza una condizione di stress estremo in alcuni animali, i gattini del Devon e gli asini albini dell’Asinara appunto, chiaro riferimento a una situazione di controllo, condizionamento e alienazione affatto umana. Una dimensione ripresa, seppur nell’apparente “innocenza” e virtualità di arcaiche rappresentazioni dei games anni Ottanta, nelle opere di Luca Lumaca e del duo Marotta e Russo, questi ultimi, interessati a cogliere, nei ritmi frenetici della contemporaneità informatizzata, nuovi scenari tecnologico-umanistici non necessariamente negativi.  Se Aldo Tilocca, con la videoistallazione The bayard cut, ambigua e formalmente impeccabile, scandaglia il mondo del desiderio e del suo rimanere inappagato, facendo stridere ritmo delle immagini, solenni e cerimoniali, con quello inquietante e sospeso della colonna sonora, Pietro Sedda “sporca” la sua short story alternando l’andamento rallentato del tempo soggettivo della memoria a quello frenetico della quotidianità con immagini rubate, poco definite e fortemente evocative. Uno straniamento ritmico visivo e sonoro caratterizza anche il video Panorama_Roma degli Zimmerfrei, sia nella dimensione notturna, fantasmatica e scipionesca, sia in quella diurna, frenetica e allo stesso tempo rituale. Con Rouge Erwin Olaf propone una dura metafora della contemporaneità attraverso un’improbabile partita di calcio giocata tra crudeltà, perversioni e ambiguità sessuali in una frenetica pletora di immagini neobarocche patinate e kitsch. All’opposto i Blue Noses, volutamente  trash, rileggono la storia più o meno recente demistificandone le mitologie di regime e costringendole a un’ossessiva e perpetua ripetizione di gesti inutili o, come per Lenin, a una fastidiosissima tosse “post mortem” il cui ritmo spezzato contrasta col sontuoso incedere dell’Adagio di Albinoni. Nella serie Recuperate le vostre radici quadrate, al ritmo del pop nostrano riveduto e corretto dei “terribili” anni Ottanta, delle sue hit e delle sue icone, Coniglio Viola portano avanti – in una caleidoscopica contaminazione di generi artistici –, un’operazione apparentemente nostalgica ma, in realtà, tesa a smascherare le trappole e la vacuità della cultura visiva odierna. Ancora al ritmo e alla melodia, nella fattispecie God save the Queen, suonata da una banda di paese nella versione dei Sex Pistols riscritta per orchestra, Vedovamazzei affidano il compito di rimutare in farsa la storia e di coprire di ridicolo il potere e le sue tronfie celebrazioni e ricorrenze. Concetti che ritornano, amplificati e provocatori, in un’opera composta una piastrina militare specchiante con incisa una frase in ebraico – tradotta significa “Puttana, mi hai rubato la notte” – che allude a ciò che in quella lingua non può essere detto, nella fattispecie la parola guerra, ma la riconduce a una dimensione intimistica di sofferenza individuale di perdita e di sottrazione del tempo. Nei due video Volare e Cadere di Arnold Dell’O si contrappongono il dramma individuale col suo ritmo doloroso, lentissimo e urticante e la catastrofe collettiva spettacolare e coercitiva nella sua enfasi mediatica. Si pongono invece fuori dal tempo, da quello storico, i Masbedo e Giorgio Lupattelli che, memori della lezione di Bill Viola, dilatano i ritmi visivi e musicali determinando uno spazio fluido, metafisico e metastorico, funzionale a una dimensione tutta spirituale e simbolica. Nero Project dal canto suo propone una istallazione performativa nella quale ritmo e tempo individuale coincidono col battito cardiaco di ciascuno e l’invito allo spettatore a lasciare traccia di sé registrando su supporto magnetico il proprio battito diventa una sorta di lugubre e ironico memento mori. Infine Orlan, da sempre impegnata in una continua ridefinizione identitaria finalizzata ad annullare le distanze temporali, a giocare il tempo eliminando qualsiasi scansione ritmica oggettiva ripercorrendolo à rebours, seppure con le più sofisticate e avanguardistiche scoperte della chirurgia plastica. Alla ricerca di un archetipo fuori dai ritmi del tempo.