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02. Nello specchio di Prometeo  

 

Nello specchio di Prometeo

a cura di Giannella Demuro

Az.Namusn.Art, Alessandro Biggio, Leonardo Boscani, Francesco Casu, Stefano Cossu, Pietro Mele, Narcisa Monni, Nero Project, Nextime, Pastorello, Flavio Piras, Mario Pischedda, Giovanna Salis, Matteo Sanna, Marcello Scalas, Stefano Serusi, Danilo Sini, Giorgio Urgeghe, Y Liver


C’è tutta la storia dell’Umanità nel mito del titano Prometeo, colui che modellò l’uomo dall’argilla animandolo con il fuoco divino. La storia del dio ribelle, primo e benevolo artefice del genere umano, capace di sfidare Zeus e le sue leggi per difendere gli uomini e offrire loro il dono del sapere e della conoscenza, è una tra le pagine più poetiche della mitologia classica.

Nel mito di Prometeo il fuoco intreccia molteplici trame: è il soffio vitale dell’atto creativo, il processo alchemico che muta inerti materie, la fonte perenne di prosperità e vita. In questo senso guardare nello specchio di Prometeo vuol dire penetrare il mito, addentrarsi nei misteri del mondo, alla ricerca di sé e delle proprie origini, alla ricerca del senso vero e profondo dell’esistere. Vuol dire specchiarsi nel fuoco di quelle tante pulsioni vitali che, ancora oggi, lasciano affiorare squarci di visioni, di mondi passati e futuri.

Anche in questa mostra, infatti, è proprio il fuoco, sussurrato o prepotentemente esibito, a tracciare una linea densa in cui si raggrumano molteplici ipotesi di senso. Le immagini, i suoni, gli oggetti e le parole costruiscono visioni di vita e di morte, di passioni e indifferenze, accendono fuochi che divampano negli occhi e nelle coscienze, che attraversano le ombre in cerca della luce.

La fisicità trasformatrice dell’elemento fuoco sta alla base del lavoro di Francesco Casu, Stefano Cossu, Flavio Piras e Giorgio Urgeghe. Nel video di Francesco Casu, le lingue di fuoco che lambiscono lo spazio fisico sono virtuali pire votive su cui si consuma un’operazione catartica che coinvolge attivamente lo spettatore. Il ricordo del “Grande Incendio” del 1871 che
rase al suolo un terzo della città di Chicago riaffiora vivido nei fotogrammi in bianco e nero di Stefano Cossu, sfocate vedute notturne della metropoli americana.

Flavio Piras inserisce nella sua opera, un collage materico che attinge al vissuto personale, frammenti di legno carbonizzato a simboleggiare frammenti di una vita che irrimediabilmente muta. La sinistra ironia di Giorgio Urgeghe si concentra su una bandiera nautica che segnala un incendio a bordo parzialmente bruciata, avviso inutile per un mondo ormai allo sbando. Dalla terra e dall’acqua al cielo, con l’opera di Pastorello, un’inchiesta giornalistica per immagini, tra pittura e fotografia, per indagare il mistero delle scie chimiche che disegnano minacciosi quanto improbabili skyline tra le nuvole.

Il fuoco e la luce, la memoria e l’assenza, lo stravolgimento della visione e la caducità del tempo sono le tematiche che accomunano i lavori di Mario Pischedda, Giovanna Salis, Marcello Scalas, Danilo Sini e Y Liver. Mario Pischedda gioca sul concetto di messa a fuoco, si confronta con la memoria, con un passato che si offre come epifania e che marca vivido un presente imprendibile e sfocato. È, invece, una visione capovolta quella proposta da Giovanna Salis, che crea realtà parallele fluide e improbabili, rette da leggi e regole antitetiche a quelle del mondo in cui abitualmente viviamo. Anche Marcello Scalas affronta il tema della memoria, di un fluire che mostra solo silhouette intermittenti, ombre, luci annegate nel buio del tempo e della storia dei luoghi che attraversa. Danilo Sini riflette sul concetto di identità e tratteggia un autoritratto di luce decaduta, un io rapito da una fisicità stravolta e disturbata, la cui unica riconoscibile traccia è rappresentata da codice fiscale, fedele ma sterile profilo personale. Affetti in bianco e nero nel breve video di Y Liver, stinti dal tempo e ripetuti all’infinito col ritmo oscillante di uno stato ipnotico e straniante.

È un fuoco che scava nelle viscere del sentire comune, nell’etica e nel sociale, quello indagato da Az.Namusn.Art, Alessandro Biggio e Stefano Serusi. Il collettivo Az.Namusn.Art si muove tra arte, performance e denunce sociale con un’attenzione costante alle tematiche più pressanti del nostro tempo. Alessandro Biggio riflette sul senso della vita e della libertà sociale rappresentando, con grande delicatezza e alto senso estetico, il tema delle autoimmolazioni, mentre Stefano Serusi propone oggetti come luoghi di senso compiuto, identità nuove ed autonome che oscillano tra reale e ideale.

Si confrontano con il ferale fuoco della guerra Leonardo Boscani, Pietro Mele, Nero Project e Nextime. Leonardo Boscani offre una rilettura della storia che supera le barriere temporali e crea un corto circuito tra la storia del passato e la più recente contemporaneità, un essere ibrido, surreale, che unisce le sembianze di Giovanna d’Arco alla voce del dittatore libico Gheddafi, torturato e giustiziato dal suo stesso popolo.

Nero Project affronta il tema della guerra, del fuoco delle armi che devasta l’uomo e la società, andando a rintracciare gli episodi del passato in vecchie riviste di guerra, Pietro Mele ricorda una triste pagina della storia europea del Novecento, l’incendio doloso del Reichstag del 1933 e il decreto che di fatto spianava la strada al Nazismo, mentre Nextime, collettivo dall’identità celata, racconta la follia delle “guerre di pace”, quelle che seminano morte con un “fuoco amico”.

E, infine, fuoco come riflessione sull’identità, identità proiettata fuori da sé, come fa Narcisa Monni che ricostruisce se stessa come identità fittizia e artificializzata, e identità ritrovata, quella che Matteo Sanna pone come obiettivo ultimo di una riflessione scritta con lettere di fuoco.