Firewall
a cura di Valerio Dehň
Il fuoco conserva la sacralitŕ legata ai riti pagani, ma anche la sua origine di protezione della comunitŕ salvifica per la vita. Tiene lontani gli spiriti avversi e le bestie feroci. All’ingresso delle grotte del neolitico tracciava un confine tra l’uomo e l’Altro, cioč la natura irrelata, violenta, aggressiva. L’invenzione del fuoco marca una differenza sostanziale tra l’homo sapiens sapiens e il resto del mondo, č il primo confine della storia. Di qua la cultura, di lŕ la natura. Quindi prima ancora di essere sacro e spirituale, il fuoco č l’elemento che distingue il territorio degli umani dal resto. Gli uomini cercano di controllarne la forza di dirigerla verso una distruzione controllata verso un uso che č purificazione, liberazione dalle scorie, dalle cose inutili. Gli artisti bruciano legni e statue, Nunzio e Aron Demetz, con l’idea di creare una materia liberata, nuova, pura. Il legno bruciato quindi diventa “forma”. Cosě come le foto di Burri che dipinge con la fiamma scattate da Aurelio Amendola, sono un manifesto di come l’arte contemporanea abbia trovato strade nuove al rapporto con la superficie e la materia, pur rimanendo nella gestualitŕ della pittura.
La cenere di Elisabetta Novello č eruzione vulcanica, ma anche suono, potenza. C’č dentro l’idea della distruzione e della natura che non si annuncia mai quando vuole mostrare il suo lato negativo. Mentre Emanuele Lo Cascio rende omaggio a Gramsci e mettendosi in sintonia con l’opera di Francesco Arena che recupera la frase “Ma a cosa serve la luce?”, da “Le ceneri di Gramsci” di Pasolini. Il libro del grande filosofo politico sardo bruciato da Lo Cascio e la scultura testuale di Arena, portano la cultura nella sfera della sacralitŕ laica, della spiritualitŕ che si nutre di simboli e di assenza.
Claudio Parmiggiani brucia un foglio da musica, Giovanni Albanese incendia di luce un pianoforte forse per richiamare entrambi l’intensitŕ e la spiritualitŕ dell’immateriale musicale. La foto pittura di Girardi diventa un’ animazione intensa e spettacolare. Ma il fuoco evoca anche la guerra, le “armi da fuoco”, non a caso. Cosě Riello mostra i sui celeberrimi mitra rivestiti da paiettes, le gun machine diventano femminili e spiazzanti. Pilar Cossio mette in scena dei soldati giocattolo che sparano e si agitano piů di quelli veri. Tra distruzione e purificazione, Eleonora Rossi, un video racconta i riti della normalitŕ ribaltati da un evento eccezionale in una memoria che richiama i film di Buńuel Il fuoco č allora qualcosa che porta a un ripensamento, che č fascinazione pura come in una foto di La Chapelle, qualcosa da osservare e che rischia sempre di coinvolgerci troppo e per sempre.
Ed č forse per questo l’arte l’ha usato in chiave didascalica, magico-apotropaica, ma anche come demarcazione, limite o soglia. La cultura di qua e la natura da un'altra parte, per favore!
Qualcosa di attraversabile o invalicabile a seconda delle scelte e dei rischi che siamo in grado di prendere, in ogni caso come barriera o limite di quel “troppo umano” che ha fatto nascere la nostra civiltŕ. |