Strange Fruits
21 storie di ordinaria integrazione nelle immagini di Pierfranco Cuccuru
Come é bello raccontare storie. Ci si immagina in un’atmosfera distesa, tra chi si conosce o almeno senza nemici, sperando, con una certa dose di sicurezza, che quella storia sarà la piú significativa, la piú storia di tutte, quella che, per analogia, comprenderà quelle degli altri. Tutti dovranno avere delle storie simili, ma nessuno ne avrà di cosí esemplari, così universali.
Quando si raccontano le storie, d’altronde, si racconta di sé senza scoprirsi, mettendo un velo davanti, pensandosi come cosa oscena ma che va comunque resa comune. Raccontare le storie di persone che sono lontane vuol dire dunque due cose, trovare sé stesso in corpi diversi e trovare il punto di vicinanza nei confini, tra me e l’altro, tra noi e loro.
E’ proprio il confine il luogo di piena identità, dove nel confronto ci scopriamo aderenti, identici, della stessa materia, in quel luogo che viene definito, come dice Massimo Cacciari, “il punto, quel suo punto, dove esso tocca l’altro da sé”.
Questo racconto di confini e di contatti l’abbiamo creato, Pierfranco Cuccuru ed io, lavorando nella prossimità, cercando la sfida forse piú complessa, raccontare gli stranieri che abitano la Provincia di Sassari, raccontarli in storie che fossero esemplari, eterogenee, complesse. Le vicende che illustriamo sono molto diverse una dall’altra e si assomigliano semplicemente perchè convergono tutte nelle stesse terre, quelle della Provincia di Sassari. Tutte però, a loro modo sono, con semplicità, straordinarie.
Si racconta, nella mostra e nel libro, la vicenda di viaggi difficili, fatti malvolentieri, all’inseguimento di una pace economica, di un modo dignitoso di stare al mondo. Ci sono artigiani contenti del loro lavoro, professionisti nomadi, chi ha viaggiato per amore e per amore, non solo del proprio compagno ma anche di questa “amara terra mia”, ha deciso di diventare, da straniero, indigeno. Chi è diventato un borghese raffinato, chi fa bollire pentoloni d’acqua calda nelle stufe a legna dei campi nomadi, chi insegna danza da una vita a Sassari, ricordando il rigore delle scuole cecoslovacche.
A guardarle bene le ventuno storie raccontate, mischiandole tra loro, dissolvono la loro estranietà, diventano un territorio comune, dimenticano di essere racconti stranieri per diventare cronaca locale. In ritratti non seriali, Pierfanco Cuccuru innesca punti di contatto tra l’immagine, chi è ripreso e chi guarda, creando una zona franca dove il confronto è aperto, sincero, e dove chi vuole, guardando gli altri, prova a raccontare anche un pò di sé, come nelle migliori storie, come nelle storie esemplari.
Sergio Scavio
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